Viviamo in un contesto di alto turnover aziendale, con una tendenza che è in crescita e non sembra rallentare.
Se ne parla molto, in particolar modo delle ragioni che causano questo fenomeno, del come arginarlo e prevenirlo. Tema ampio e complesso.
Non vedo la stessa attenzione riguardo la necessità di acquisire le capacità che se ne stanno andando con le persone e, soprattutto, sul rendere abili le nuove risorse inserite, nel minor tempo possibile.
Credo che in un quadro di mercato che vede un’accelerazione dell’innovazione tecnologica e un’evoluzione delle modalità di business, non riuscire a conservare l’intuito sviluppato dai collaboratori potrebbe non permettere di cogliere le future opportunità e sfide.
Sì, perché il know-how aziendale è in gran parte custodito nella mente e nelle abilità dei suoi collaboratori, che nasce dall’esperienza lavorativa.
Ecco che diventa ancora più importante investire energie nella formazione delle persone e nel modo in cui farlo, affinché il know-how sviluppato dal singolo rimanga a beneficio anche dell’azienda.
L’efficacia dei collaboratori nello svolgere un compito dipende in gran parte da come gli è stato insegnato. È più che mai necessario avere delle persone preparate a formare.
Abbiamo a disposizione più metodologie che ci possono supportare nel soddisfare questo bisogno. Ne cito alcune che ritengo più adatte allo scopo: il modello di gestione della conoscenza di Nonaka e Takeuchi; le routine collegate ai moduli JI, JR e JM (Job Instruction, Job Method e Job Relations) del TWI-Training Within Industry; lo Shu Ha Ri modello di sviluppo delle competenze di Toyota.
Il fatto che ci siano più approcci a disposizione e che si possano insegnare, ci riporta al punto di partenza e cioè se si reputa valore oppure no il know-how delle persone.
Se da un lato l’azienda vuole collaboratori capaci, dall’altro deve essere in grado di insegnare loro ad esserlo.