28 anni fa Michael Hammer spiegava ad un mondo manageriale in preda all’entusiasmo informatico che l’automazione non è la soluzione dei problemi aziendali. Il ragionamento era semplice: “automating a mess yields an automated mess”.
Nel XXI secolo, nell’era dei nativi digitali, un’azienda senza digitalizzazione è impensabile. Talvolta però in azienda si percepisce una visione taumaturgica della tecnologia. I processi aziendali non funzionano? Compriamo un workflow. Ho molta merce a magazzino? Compriamo l’ultima versione costosissima del magazzino automatizzato.
In realtà deve essere chiaro che la tecnologia è un abilitatore, che permette di potenziare ulteriormente processi che però devono essere già intrinsecamente eccellenti, o pensati per esserlo. Oppure un abilitatore che consente prestazioni non fattibili senza un supporto digitale. Le aziende più avanti nel percorso di realizzazione della Smart Enterprise non ci stupiscono per gli enormi investimenti in costose tecnologie: ci stupiscono per l’oculato utilizzo di tecnologie (a volte costose, a volte no) che supportano un processo ben progettato dal punto di vista organizzativo.
Salve,
Condivido pienamente l'analisi sul rischio di considerare la digitalizzazione come la panacea di ogni male aziendale. A mio avviso, prima di informatizzare e digitalizzare bisognerebbe analizzare i flussi aziendali con una visione scientifica (vedi es. Factory Physics), che consentirebbe di ottimizzare realmente i processi nei suoi parametri critici (produttività, velocità, snellezza, redditività).