Non bisogna farsi travolgere dall’infatuazione digitale, e investire tempo e denaro per implementare l’ultimo ritrovato tecnologico, stimolante, ma anche poco utile per le prestazioni aziendali. Il digitale non è un fine in sé, ma un abilitatore.
Il paradigma manageriale Lean utilizza i “7 sprechi” come un efficace ausilio mnemonico per individuare le sacche di inefficienza all’interno dei processi.
Un’analoga check list che ci può aiutare nello sfruttare il digitale come facilitatore è quella dei “7 sprechi digitali”. Può sembrare banale ricorrere ancora al concetto di sette sprechi, ma cerchiamo di apprezzare l’aiuto mnemonico. Essi sono:
- ridondanza dei dati: il dato deve essere presente in un unico punto, per evitare lo spreco della duplicazione, e soprattutto della possibile differenza del dato stesso manipolato da persone diverse;
- bassa qualità dei dati;
- data entry manuale: non solo richiede tempo per un’attività a basso valore, ma vi è anche il rischio di possibili errori;
- caduta dei sistemi di elaborazione e comunicazione;
- comunicazione su carta di dati non aggiornati: ovviamente la comunicazione digitale è molto più rapida, e, accoppiata al punto 1, garantisce che tutti accedano ad un dato aggiornato e corretto;
- eccesso di comunicazione: l’esempio più eclatante è l’eccesso di email;
- raccolta e analisi non sistematica dei dati: riduce la capacità di gestire le deviazioni e attivare processi di miglioramento continuo.
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